In questo tempo  Gesù ci invita ad andare all'essenziale, ci strappa al gioco sottile delle simpatie e antipatie, dei pregiudizi e dei sospetti e ci libera dai legami che ci impediscono di valutare in modo giusto e veritiero la realtà. Oggi facilmente si accusano persone o istituzioni di essere causa della situazione mediocre in cui viviamo sia dal punto di vista morale che spirituale. Perché non valutiamo anche quello  che anche noi contribuiamo a fare al riguardo?

La Quaresima è un tempo nel quale la liturgia ci invita a non considerare elementi che sono solo superficiali e periferici. Vogliamo capire chi siamo noi, innanzitutto? Guardiamo a quello che facciamo, a quello che accade attorno a noi, a quello che produce la nostra azione! Se intorno a noi c'è un’atmosfera,  per così dire, di limpidezza, di onestà e di sincerità  vuol dire che siamo sulla buona strada! Viceversa, al di là del nostro spirito "religioso", delle nostre molte preghiere, della nostra partecipazione ai "sacri riti", la nostra presenza innesca contrasti,  accuse, sgarberie, pettegolezzi? Beh, nel nostro  supposto rapporto con Dio c'è qualcosa che non funziona (e non da parte di Dio!).
Ognuno è invitato a guardarsi allo specchio per riconoscere le tante maschere che pone  sopra la sua anima e per vedere la trave che è nel suo occhio, prima di lanciarsi alla scoperta della pagliuzza che è nell'occhio altrui. Si tratta di un esercizio utile e indispensabile ad ogni cristiano se non vuole ingannare se stesso e gli altri, pago solo di belle parole o di favole che si racconta.
La strada maestra. C'è una strada maestra che ci viene proposta all'inizio della Quaresima: si tratta di un percorso modesto e faticoso, che tuttavia conduce alle sorgenti della vita.

È la strada dell'elemosina o della solidarietà fattiva:  la percorre chi riesce a togliere dal suo cuore tutti gli scudi di protezione. Così, un po' alla volta, esso perde la sua durezza e diventa un cuore tenero, capace di commuoversi, di provare compassione davanti alle sofferenze altrui. I beni non diventano muri ma ponti.
         È la strada del digiuno o della sobrietà vissuta: riguarda il corpo, ma non si ferma ad esso. Vuole infatti raggiungere l'anima. Esso non si propone una cura dimagrante e non è determinato dall'ossessione per il peso o la circonferenza del proprio fisico. Il suo scopo è un altro: far provare un po' di fame per avvertire di nuovo la fame di ciò che conta veramente, la parola di Dio. La liberazione da consumi inutili, da sprechi che costituiscono un insulto ai poveri, da un abuso del cibo, conduce progressivamente a cogliere ciò che prima restava ignorato. Divorare cibo è spesso uno "sport" a cui si abbandona chi manca di qualcosa che possa veramente saziarlo.
       È la strada della preghiera: un tempo donato a Dio perché la relazione con lui non venga meno. Tempo per l'attesa: perché Dio non si comanda a bacchetta. Egli è libero e si rende presente quando e come vuole. Tempo per il silenzio perché solo questo può permettere un autentico ascolto: senza il silenzio, la voce di Dio rischia di venire coperta da altri suoni e da altre parole. Tempo per l'ascolto: è questo il primo movimento della fede, che conduce ad accogliere una Parola che ci raggiunge, benefica come la pioggia, ma anche esigente, dura, perché chiede il cambiamento, la fiducia, la disponibilità a mettersi nelle mani di Dio, a rischiare la propria esistenza per vivere fino in fondo l'avventura della fede.
Buona Quaresima,

P. Nicola