Ai parrocchiani

Cari parrocchiani ha senso ancora parlare di una festa patronale con manifestazioni esterne come una processione?  Credo di sì;  serve non a dire al mondo che siamo bravi, e tanto meno a distinguerci dalle altre religioni, ma a fare comunità, a dire che abbiamo bisogno di stare insieme, di pregare insieme, di cantare insieme. Come popolo di Dio in cammino. 

Certo, i tempi sono cambiati, riguardo alla considerazione che abbiamo della processione:  non sopportiamo certe “parate” d’un tempo. Ci piace la semplicità, la purezza di fede, una presenza viva e consapevole; ci piace una buona organizzazione sia nelle preghiere come nei canti o nella compostezza del popolo in cammino. Non sempre c’è tutto questo: si passa – ad esempio - da processioni che durano ore, fatte di confusione, chiacchiericci e cose folcloristiche che poco hanno a che fare con la fede a processioni  dove il folclore ha lasciato il posto a una tale freddezza da  far rimpiangere quelle dove il folclore è più che presente.

Siamo in un momento che può essere favorevole:  si può cercare di restituire alla fede la sua anima, anche nelle manifestazioni di popolo. Educare all’essenzialità e questo è possibile anche in tali  manifestazioni. Fra i fedeli comuni si sopportano poco divise e stemmi; purtroppo - c’è da dire – che nella Chiesa c’è un risorgere di contrapposizioni: ad esempio tra progressisti tutti incentrati sull’azione  e la contemporaneità e tradizionalisti tutti tesi verso una società che non esiste più e non potrà ritornare.  Si cerca di marcare il proprio ”territorio di fede” con slogan e simboli.  Credo invece che si debba camminare processionalmente  come si vive ogni giorno, in più c’è la preghiera, la riflessione. Non ci devono essere insegne o protagonismi di gruppi o di singoli. 

Usare le candele sì: è cosa fortemente simbolica. Parla di luce e di luce abbiamo bisogno: pensiamo alla situazione politica, economica, sociale in Europa e in Italia.  La festa patronale e, la processione in particolare, spero  facciano  sentire con umiltà di essere poveri figli bisognosi di ritrovare la paternità di Dio, sinceri fratelli in cammino come viaggiatori, tutti bisognosi di un Dio che è Padre e che ci ama per quello che siamo, non per quello che abbiamo.

Questo canta la Beata Vergine Maria, nostra patrona, nel Magnificat: “Ha guardato all’umiltà della Sua serva; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”.

Buona festa patronale dal vostro parroco p. Nicola e da p. Roberto, P. Dino e p. Giovanni