Subito dopo il giorno di Natale si festeggia un’altra nascita al Cielo: quella di Santo Stefano, il primo di una lunga serie di martiri che continua anche oggi. La saggezza liturgica e cristologica della Chiesa ha voluto che dopo un giorno in cui ricordiamo un evento pieno di luce e di gioia, ne ricordiamo uno segnato dalle tenebre e dall’odio: il martirio del diacono Stefano. Qualcuno mi ha chiesto in questi giorni: non stona un po’ questo accostamento? Non si poteva evitare?

Non credo proprio, anzi è appropriato: per sottrarre il Natale alla  “melassa” dei buoni sentimenti che lasciano il tempo che trovano e per vederlo nella luce forte e vera di uno stare con Gesù che richiede anche il martirio, qualora fosse richiesto. Quindi non sentimentalismo ma una volontà ferma e consapevole – per questo gioiosa – di riconoscere in Gesù Cristo non solo il piccolo bambino che ci fa tenerezza ma anche il Messia, uomo ormai cresciuto, che per amore del Padre e dell’umanità dona la sua vita sulla croce. Dobbiamo vedere il Natale strettamente collegato alla Pasqua.

Il giorno di Natale e’ un giorno di luce per il mondo, proprio come quel “giorno dopo il sabato” nel quale Gesù rompe le catene della morte e si mostra vivo per sempre.

Le icone, immagini antiche venerate soprattutto in oriente, nel modo di rappresentare la scena, hanno sempre legato nascita e morte del Signore. Con una croce vicina, una culla dipinta come un sepolcro, le fasce del bambino che sembrano quelle di un sudario, l’arte religiosa ha voluto dire quel che emerge dal Vangelo, cioè che quella nascita normale è insieme prodigiosa, e in quel bambino piccolo posto dai genitori in una mangiatoia è presente il Salvatore del mondo.

Quella notte non c’erano le luci decorative che vediamo un po’ ovunque nelle nostre città e paesi, e nemmeno gli alberi natalizi più o meno giganteschi e artistici. Non c’erano i mercatini di Natale o Babbi Natale a distribuire caramelle con sottofondo di canti tradizionali.

Quella notte non c’era nulla di straordinario se non una nascita come tante altre e pastori ignari di tutto che sono chiamati improvvisamente a vederci dentro il Salvatore del mondo. Quei pastori sono come i primi testimoni della resurrezione di Gesù, che non sono stati nemmeno gli apostoli ma delle donne. Anche in quella notte di Betlemme non sono i responsabili religiosi ad accorgersi e verificare la nascita del Messia tanto atteso, ma proprio degli uomini e donne qualunque, che però sono più pronti e disponibili a venire e poi andare ad annunciare.

Anche in questo Natale 2019, siamo chiamati a riscoprire la Pasqua dentro gli eventi di Betlemme.

Gesù è Dio che entra nel mondo attraverso la porta di un bambino, che crescendo e diventando uomo, mostra che la Vita è entrata nella nostra vita e fin da adesso la fa risorgere nonostante tutto.

E’ un vero Natale “pasquale” quello che viviamo non solo quest’anno ma tutti gli anni e tutti i giorni, anche quando le luci si sono spente, gli alberi smontati, i mercatini chiusi, la musica cambiata e i babbi natale sbarbati fino al prossimo anno.

Buon Natale pasquale da parte mia e di tutta la comunità Oblata di Pisa!

P. Nicola, parroco