Le offerte date per la celebrazione della Messa o dei Sacramenti: tassa imposta ai fedeli, elemosina o espressione di fede?

I mezzi di comunicazione non raramente danno informazioni distorte o parziali su argomenti riguardanti la vita della Chiesa, utilizzando anche in modo manipolatorio frasi  del Papa. E’ diffusa, ad esempio,  l’idea che in parrocchia sia “tutto gratis”. Forse per il fatto che la parrocchia è considerata un ente di carità, che deve dare, senza nulla chiedere in cambio; questo soprattutto in Italia per motivi storici, mentre in altri Paesi i fedeli si sentono più responsabili nel sostenere le loro chiese. Una parrocchia, pur privilegiando l’aspetto spirituale, deve gestire -come ogni famiglia- anche delle spese ordinarie: per la pastorale, per la catechesi, per la carità. Edifici che hanno bisogno di manutenzione, di luce, acqua e gas. Tasse, telefono, automezzi, arredamento, spese per il culto, piante, fiori, compensi a chi svolge determinati servizi, feste ecc. ecc.

 

Come si provvede al sostegno economico della propria parrocchia? Oggi ci sono più possibilità di farlo come ad esempio l’ 8xmille o erogazioni liberali. Ci sono  e ci sono state quindi forme diverse ma un elemento di continuità attraversa i secoli: le offerte dei fedeli durante la Messa o date  come segno di riconoscenza  per l’opera della parrocchia o in suffragio dei defunti (“non fiori ma opere di bene”, è espressione conosciuta da tutti). 

Fin dalla sua nascita la comunità cristiana si è resa conto che, a provvedere alle sue necessità materiali e ai poveri ai quali dava aiuto, dovevano essere anzitutto i fedeli che la domenica partecipano alla Messa. Per questo ha sempre avuto un ruolo fondamentale, ad esempio,  la “colletta”, la raccolta delle offerte. Se ne ha traccia in scritti cristiani del secondo secolo d.C. Solo così la comunità cristiana provvede alla copertura del suo bilancio ordinario; è da sottolineare: al bilancio ordinario. Quando ci sono delle spese straordinarie, una parrocchia il più delle volte deve confidare, oltre che sul contributo di fedeli o  di enti privati, nel sostegno da parte della diocesi, se è possibile o della pubblica amministrazione.  Altrimenti deve prevedere un finanziamento secondo accordi con un ente creditizio. 

Ora, qual è il problema? Il problema è che spesso i fedeli, proprio a causa di quel “tutto gratis”, non hanno sufficiente coscienza dell’importanza di sostenere le spese della propria comunità. La raccolta delle offerte durante la Messa oppure l’offerta data per un sacramento ricevuto è considerata da molti un’elemosina (quando la si fa),  più che una partecipazione responsabile alle necessità materiali della parrocchia. Prova ne è il fatto che nel cestino delle offerte talvolta si getta solo qualche centesimo, che spesso coincide col superfluo del superfluo. Occorre invece fare un salto di qualità, chiedendo a ciascun cristiano che vuole bene alla propria comunità, godendo dei suoi servizi, che si senta più impegnato a sostenerla economicamente, secondo le proprie possibilità. Soprattutto: occorre che il sostegno economico della parrocchia venga considerato non più un’elemosina, o peggio un “pedaggio”, ma un gesto di fede.

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