Tratto da “Avvenire" di martedì 25 ottobre 2016 (autore: Riccardo Maccioni)

Il documento «Ad resurgendum cum Christo» sulla cremazione ci fa riflettere sulla nostra vita dopo la morte. Dobbiamo avere paura. Ecco cosa dice il Catechismo.

Credo alla vita eterna. Il cattolico lo ripete ogni domenica durante la Messa. Ma sa esattamente cosa significa? E l’Inferno esiste davvero? L’impressione è che si diano per scontati concetti, verità di fede, che in realtà non lo sono. Forse andare a rileggere il Catechismo può essere utile.

I novissimi

Nel linguaggio della Chiesa le realtà ultime, cioè quello che accadrà a ogni uomo alla fine della sua vita terrena, si chiamano "novissimi". Paradossalmente, pur riguardando ciascuno di noi, se ne parla poco. L’idea infatti che si possa morire, le domande ultime su chi siamo e dove andremo, sono escluse dal dibattito pubblico, quasi che ignorandole non ci riguardassero. Invece si tratta di concetti fondamentali, importantissimi, cui non a caso la Chiesa dedica molta attenzione. Più nello specifico i "novissimi" sono quattro: morte, giudizio, Inferno, Paradiso.

Morte

Inutile dire che si tratta dell’ultimo atto, del culmine della nostra esistenza terrena. E che, per il credente in Gesù Cristo, apre alla vita nuova, eterna. Mentre il corpo infatti, afferma il Catechismo della Chiesa cattolica, cade nella corruzione, l’anima, che è immortale va incontro al giudizio divino in attesa «di ricongiungersi al corpo quando, al ritorno del Signore, risorgerà trasformato». Il cristiano infatti crede nella risurrezione della carne. Significa che anche i nostri corpi mortali riprenderanno vita, che lo stato finale e definitivo dell’uomo non riguarderà solo l’anima spirituale. Non a caso Tertulliano dice: la carne è il cardine della salvezza. Capire però come avverrà la risurrezione va oltre la capacità di comprensione dell’uomo, non si riesce a immaginarla. La Chiesa però ci dice che la vita eterna sarà preceduta dal giudizio.

Il giudizio

Per capire come sarà la nostra vita eterna, basterebbe conoscere come abbiamo vissuto su questa terra. Saremo giudicati sull’amore, ripetono i padri della Chiesa. E con loro, lo ribadisce spesso anche papa Francesco. Di sicuro, a fare la differenza, sarà il comportamento che abbiamo tenuto in questa vita, alla luce di quanto indica il Vangelo. Una volta morti, comunque, andremo incontro al "giudizio particolare", una sorta di conseguenza diretta, di retribuzione immediata, per la nostra fede e le nostre opere. (E' come se mettessimo la firma - per così dire - a quelle che sono state le scelte della nostra esistenza. N.d. C.). L’effetto sarà l’ingresso, diretto o dopo un periodo di purificazione, nella beatitudine del cielo, oppure, Dio non voglia, nella dannazione eterna. Ci sarà poi un "giudizio finale". Consisterà, come afferma il Catechismo della Chiesa cattolica, nella sentenza che il Signore Gesù «ritornando come giudice dei vivi e dei morti» emetterà sui giusti e gli ingiusti riuniti davanti a Lui.
 Avverrà alla fine del mondo. E a quel punto, il corpo risuscitato si unirà, «parteciperà alla retribuzione» che l’anima ha avuto nel giudizio particolare. «Credo nella risurrezione della carne» si prega durante la Messa.

Il Paradiso

Il Paradiso, "il Cielo", consiste nella beatitudine eterna, nello stato di felicità suprema e definitiva. Non tutti però la raggiungono allo stesso modo. C’è chi infatti ha bisogno di un passaggio attraverso il Purgatorio. Si tratta di coloro che, pur morendo nell’amicizia con Dio e sicuri della salvezza, prima di stare al Suo cospetto, hanno bisogno di un periodo di preparazione, devono purificarsi. Molti mistici sottolineano come sia l’anima stessa, ritenendosi impura, a sentire la necessità di uno stop. Un tempo, che in qualche modo, anche sulla terra - da vivi - possiamo accelerare (Come? Con un sincero cammino di conversione, di preghiera e opere di solidarietà con il preciso motivo di purificare la nostra anima= la persona. N.d.C.). Possiamo anche offrire preghiere, soprattutto Messe, per le anime del Purgatorio, come anche elemosine, o penitenze. Senza dimenticare naturalmente, come si può fare nell’Anno Santo della misericordia, di ottenere indulgenze per loro.
Diverso è invece il percorso di chi muore nella grazia di Dio e non ha bisogno di purificazione. Chi si trova in questa condizione entrerà subito a far parte della Chiesa del cielo dove vedrà Dio «a faccia a faccia» vivendo in comunione d’amore con la Santissima Trinità e intercedendo per le anime ancora pellegrine sulla terra.

L’Inferno

Anche se in tanti, intellettuali e non solo, tendono a negarne l’esistenza, considerandolo un retaggio medioevale, l’Inferno è una verità di fede. Si tratta della dannazione eterna, pena riservata a chi muore, per libera scelta in peccato mortale. Se proviamo a immaginarlo, il pensiero corre ai gironi della commedia dantesca, alla causa-effetto tra i comportamenti tenuti in vita e la "retribuzione" eterna. In realtà non sappiamo bene come sia. Di sicuro la condanna principale consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale «unicamente l’uomo ha la vita e la felicità, per le quali è stato creato e alle quali aspira». Ci hai fatti per Te o Signore e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te, prega sant’Agostino nelle Confessioni. Ma come si concilia l’Inferno con l’infinita bontà di Dio, con la sua eterna e sconfinata misericordia, ci si chiederà a questo punto.
La risposta è nello stile del Padre che, pur volendo che tutti abbiano modo di pentirsi, avendo creato l’uomo libero e responsabile, rispetta le sue decisioni. Detto in altro modo è l’uomo stesso che, in totale autonomia, si esclude dalla comunione con Dio e, persino all’atto finale della sua vita, persiste nel peccato mortale, rifiutando l’amore misericordioso di Dio.