di Francesco D’Agostino, giurista
Editoriale tratto dal giornale Avvenire del 7 agosto 2016
Occidente cura te stesso
Non ci troviamo davanti a una «guerra di religione», ha giustamente detto papa Francesco, richiamando la nostra attenzione sul carattere endemico e diffuso della violenza nel mondo d’oggi. E la risposta positiva che ha ottenuto da parte di tanti rappresentanti delle comunità islamiche europee, nonché da tanti semplici fedeli nell’islam, ci obbliga tutti a fare un profondo esame di coscienza. Perché se è assolutamente vero che sangue "occidentale" continua a essere assurdamente sparso in tante parti del mondo, è ancora più vero che l’immagine che l’Occidente continua a offrire al "resto del mondo" è inquinata da pregiudizi, ipocrisie, violenze tanto più odiose quanto più subdole.
Non basta il canto corale della Marsigliese a ristabilire la dignità dell’Occidente. È insensato che l’Occidente insista nel difendere volgarità, maldicenze, pornografia, pornolalia, blasfemia, bestemmie, invocando la libertà di pensiero, come se non si sappia che in tal modo si umiliano le profonde ragioni della libertà. È ridicolo che l’Occidente reiteri formule vuote e pompose sulla difesa dell’ambiente, quando è il suo stesso modello di sviluppo industriale a minacciarlo. E non basta richiamare a ogni piè sospinto il nobile elenco dei diritti umani, e primi tra tutti quello dei diritti delle donne e dei bambini, per chi sa che mai come nel nostro tempo il corpo delle donne – e in particolare delle madri – e il corpo dei bambini sono diventati oggetto di accorte e sottili trattative contrattuali, alle quali schiere di giudici riconoscono incredibilmente validità giuridica.
In Occidente è ormai prassi consolidata che si possa nascere e si possa morire per contratto: di questa prassi, sostengono illustri giuristi, bisogna essere orgogliosi e coloro che fino a tanto proprio non riescono ad arrivare, dovrebbero almeno avere, come ha auspicato Zagrebelsky, il buon senso di «rassegnarsi». Né le cose finiscono qui: l’ultima provocatoria invenzione dell’Occidente, quella del matrimonio "paritario" sta producendo nei confronti del "resto del mondo" due effetti che ben pochi sembra siano in grado di percepire (e tra questi, ahimè, dobbiamo inserire anche gli ultimi, strenui e inascoltati difensori di un "diritto naturale", che la filosofia ha abbandonato da tempo e che la teologia, che non ha il compito di speculare sulla "natura", ma di annunciare e accompagnare la parola di Dio, cerca disperatamente e infruttuosamente di difendere).
Il primo effetto è quello di una nuova forma di arroganza culturale, che dovrebbe indurre coloro che non riescono ad accettare il principio stesso del matrimonio "egualitario" a riconoscersi succubi di pregiudizi premoderni e a operare per liberarsene al più presto. Il secondo effetto è più sottile, ma ben più devastante: esso consiste nella destrutturazione di un istituto, quello matrimoniale, che pur nelle sue molteplici e diversissime configurazioni storico-culturali, è sempre stato oggettivamente riconoscibile da parte di tutti (e ovunque) come tale, nella sua tipica e insostituibile finalità strutturale, quella di riconoscere pubblicamente lo stato di marito a un uomo e di moglie a una donna e conseguentemente lo stato di figli alla loro prole.
Nel "matrimonio paritario", che l’Occidente sta proponendo al "resto del mondo", perfino parole semanticamente semplicissime come "moglie" e "marito" acquistano un’ambiguità irriducibile. Che nell’epoca della globalizzazione perfino usi linguistici plurimillenari tendano a destrutturarsi è davvero impressionante. Scrivere queste cose significa giustificare la violenza terroristica contro l’Occidente che il "resto del mondo" (sia pure attraverso l’azione solo di alcuni, che però se ne proclamano "rappresentanti") sta ponendo in atto da anni? Ovviamente no e diffidiamo chiunque dal pensarlo.
Ciò che si intende sostenere è che il terrorismo islamico, arrogandosi la pretesa di agire per il 'resto del mondo', non è mosso da uno specifico odio anticristiano, ma soprattutto dal disgusto espresso in modo inaccettabile nei confronti dell’Occidente e per come l’Occidente, quell’Occidente che almeno in Europa ha voluto misconoscere le sue radici cristiane, ha deciso ottusamente e arrogantemente di presentarsi al 'resto del mondo'. Lasciandosi travolgere dal fanatismo omicida, questa frazione dell’islam non si è resa conto di essersi a sua volta lasciata occidentalizzare fino al midollo, se è vero, come è vero, che l’uso politico del terrore è elaborazione tutta occidentale e di certo non orientale.
La complessità del momento attuale ci impedisce ogni prognosi; ma sta arrivando - anzi, è già arrivato - il momento di costruire una terapia contro le nuove forme di violenza che insanguinano questi anni che stiamo vivendo, e allora bisogna da parte nostra riconoscere con coraggio che prima di accingerci a curare gli 'altri', noi, gli occidentali, dobbiamo imparare a curare noi stessi, abbandonando al loro destino le dure ed esclusive ideologie illuministiche, positivistiche, laiciste con cui abbiamo costruito un mondo che il 'resto del mondo' rigetta e disprezza e nel quale nemmeno noi stessi (ma quando riusciremo, davvero, ad ammetterlo?) viviamo troppo bene.